Tra mille fiori di carta
La Festa dei Banderesi
La storia narra che intorno al 1335, nell’ambito di una lite per la definizione dei confini, Chieti mosse per invadere la vicina Bucchianico. Ciò che narra la leggenda, è l’intervento straordinario di Sant’Urbano, patrono di Bucchianico, che apparso in sogno al Sergentiere (capo delle milizie civiche) gli suggerì la strategia vincente. Far indossare a tutti pennacchi di piume colorate e correre avanti e indietro per i merli della cinta muraria, inducendo nei teatini la convinzione di essere in numero inferiore, così da dissuaderli dall’attacco. Tra mito e leggenda, ciò che è appurato, fu l’organizzazione della difesa, a cui prese parte tutta la componente contadina e rurale della popolazione, con l’istituzione del corpo dei banderesi.
A ricordo di questo leggendario episodio, la domenica che precede il 25 Maggio (giorno di S. Urbano), le donne di Bucchianico sfilano in abiti tradizionali, portando in testa cesti decorati con migliaia di fiori di carta, confezionati con impressionante perizia durante l’inverno. Terminano la loro processione in piazza con la Ciammaichella, un movimento coreutico che richiama la corsa dei banderesi, lungo le mura cittadine. La processione è accompagnata da carri, predisposti dagli uomini di ciascuna contrada, raffiguranti scene tradizionali della civiltà agreste, a reminiscenza dei carri e canestri con cui i contadini abbandonarono le campagne per rifugiarsi all’interno delle mura cittadine.
Sebbene sia indiscutibilmente il momento di maggior attrazione, per bellezza e affluenza, la sfilata dei carri e dei canestri, è solo una minima parte del cerimoniale. La festa dura infatti un anno intero, e si muove attorno alla figura del Banderese. Eletto per sorteggio fra i candidati, la domenica che segue il 27 maggio, ha l’onere di organizzare la festa. Da li e per un anno sarà Banderese, attorno alla sua figura ed al suo gruppo familiare, si raccoglierà tutta la comunità.
Il Banderese riceve a casa sua l’icona di Sant’Urbano e i simboli della festa, con questi erige un piccolo altarino, dove tutti i primi venerdì di ogni mese e tutti i giorni di maggio si reciterà il rosario. Il lunedì di Pasqua organizza la questua per la raccolta dei fondi in vista della festa. Predispone, assieme al suo gruppo familiare e agli uomini della sua contrada, 4 carri che rappresentano il focolare e la vita contadina, il carro del Pane, il carro del Vino, Il carro del Letto ed il carro della Legna. Alleva per tuto l’anno in cui è in carica un Vitello con cui i banderesi faranno la tradizionale colazione a base di spezzatino la mattina del 25 maggio. Intorno alle date della festa, a partire da Pasquetta, sono frequenti i banchetti allargati presso la sua abitazione. Ad essi prendono parte tutti quelli che collaborano (o ci si trovano). Il cibo ed il vino non mancano mai, ma ciò che regna è il senso d’appartenenza e la voglia di stare assieme. Se difatti la festa può essere raccontata nei suoi momenti culminanti, ciò che non può essere descritto a parole è l’entusiasmo, la partecipazione, l’adesione gioiosa e spontanea di tutti all’organizzazione della festa. Una coesione sociale raramente riscontrabile altrove.
Il 24 ed il 25 maggio, giorno di Sant’Urbano, avvengono i rituali religiosi e militari. Sono esclusivamente gli uomini a sfilare in abiti tradizionali e pennacchio e a compiere la Ciammaichella. Sono guidati dal Sergentiere e dal Banderese a cavallo. Effettuano diversi giri delle vie della città, liberi, con i ceri e con le bandiere, secondo un cerimoniale minuzioso e codificato. Per chi volesse approfondire questi e tutti gli altri aspetti della festa consiglio la lettura del libro “La festa dei Banderesi” di Giuliano Davide Di Menna.
Un cenno finale sulle effettive radici della tradizione. La complessità della festa, sebbene arricchita di simboli religiosi e civili, nasconde origini più antiche. Un simile tripudio di colori e di abbondanza, e la natura festosa della partecipazione popolare è da attribuire più ai riti del Maggio che all’angoscia di una imminente battaglia. A maggio le scorte erano ridotte, cresceva l’ansia per la bontà dell’imminente raccolto. Le popolazioni rurali solevano effettuare riti propiziatori per ingraziarsi le divinità agresti, prima fra tutti Cerere, protettrice delle messi.
All Photographs © Vito Frugis