I Serpari di Cocullo
San Domenico e il rito dei Serpari
San Domenico era un monaco benedettino folignate, vissuto intorno al 1000 con fama di taumaturgo. Era considerato protettore contro il mal di denti, il veleno dei serpenti e la rabbia, ad esso sono particolarmente legate diverse comunità rurali e pastorali del centro Italia. Ogni anno, il 1 maggio, pellegrini dal basso Lazio, dall’Abruzzo e dalla Campania si recano a Cocullo, piccolo borgo della Marsica, per assistere alla liturgia in onore del santo. La festosa invasione dei pellegrini, animata da inni devozionali, culmina in chiesa, dove, durante la messa è usanza suonare una campanella tirandone il filo con i denti, per ingraziarsi la protezione del santo dalle infezioni, o raccogliere la terra presente dietro la nicchia da spargere sui campi, come buon auspicio per il raccolto.
Nel mentre, sulla piazza antistante, i ‘Serpari’ esibiscono ai turisti le serpi che hanno catturato. Per un serparo, la festa inizia almeno 15 giorni prima. Si reca in montagna, cattura le serpi e le custodisce in casa, nutrendoli con uova o topi. Si tratta naturalmente di specie non velenose (Cervoni, Biacchi, Saettoni, Bisce dal collare). L’usanza ha origine antiche, nei riti pagani delle popolazioni che abitavano queste terre. Marsi e Peligni veneravano Angizia (sorella di Medea e di Circe) capace con il canto di dominare i serpenti e comandarli secondo la sua volontà. Chi meglio di un frate taumaturgo, poteva convertire il vecchio e radicato culto pagano al nuovo credo cristiano agli occhi dei contadini e dei pastori della Marsica!
A mezzodì, avviene la simbolica unione dei due mondi. La statua del santo viene portata fuori dalla chiesa, in un bagno di folla, ed i serpari la ricoprono con le serpi con le quali viene portata in processione. Il rito è accompagnato da un corteo di donne in abiti tradizionali che portano serpenti e due pani benedetti, detti ciambellani, che andranno in dono ai portatori della statua. Purtroppo, da qualche anno a questa parte, il turismo di massa sta mettendo a rischio la natura identitaria di questo antichissimo rito. La festa inizialmente prevista al primo giovedì di Maggio è stata spostata (per decreto!) nel giorno della festa dei lavoratori. Il pubblico originario, costituito da devoti e appassionati, oggi si mescola a numerosi avventori ‘della domenica’, attirati più dalla caccia al ‘selfie’ col serpente che dalla natura antropologica del rito. Questi aspetti uniti al progressivo spopolamento delle montagne, da cui Cocullo non è esente, rendono sempre più precario l’equilibrio e la sopravvivenza di questa originale tradizione.
All Photographs © Vito Frugis